« Indietro

Shifting Identities. La giovane arte finlandese ed estone al Macro | Roma, 21.5 – 14.9


La giovane arte finlandese ed estone è in mostra al Macro Testaccio di Roma con una selezione di artisti curata da Ludovico Pratesi sul tema dell'identità e dell'appartenenza nazionale.
Dal 21 maggio al 14 settembre sarà possibile vedere nella sede museale dell'ex mattatoio le opere dei finlandesi (in ordine alfabetico): Abel Abidin, Aino Kannisto, Riikka Kuoppala, Mikko Kuorinki, Antti Laitinen, Liisa Lounila, Nelli Palomäki, Anna Rokka, Jani Ruscica, Pia Sirén, Pilvi Takala. Alcuni artisti come Abel Abidin, Antti Laitinen e Pilvi Takala sono già noti in Italia ma per altri è la prima occasione di esporre nel nostro paese. Clicca shifting identities net per il depliant della mostra.


La mostra è stata organizzata con il supporto della Väinö Tanner Foundation e di Frame.


Riportiamo un estratto dal testo in catalogo del curatore che introduce i lavori selezionati intorno al tema dell'identità globale:



"La mostra è basata su una riflessione legata alla natura mutevole e fluttuante dell’identità degli abitanti di queste due nazioni, la Finlandia e l’Estonia, strutturata attraverso similitudini e somiglianze che le dividono dalle loro rispettive aree geografiche di appartenenza, scandinava e baltica, per costituire un’entità a parte, che analizza se stessa e il suo posizionamento nel mondo globale.
Al di là del passato e oltre la memoria, gli artisti finlandesi ed estoni delle ultime generazioni hanno sviluppato punti di vista simili e complementari, condizionati dalla necessità di relazionarsi, se pur con diverse modalità, con l’incombente presenza opprimente e condizionante prima dell’Unione Sovietica e oggi della Russia. Una situazione che appare rilevante soprattutto in Estonia, per la presenza di una comunità di 300.000 persone - quasi un terzo della popolazione del paese - che si sono rivelate estremamente sensibili nel momento in cui la loro identità veniva messa in discussione, come è avvenuto il 20 aprile 2007, in occasione della demolizione del monumento al soldato russo nel parco Tionismagi di Tallinn. I disordini causati dai russi, che ritenevano la scultura in bronzo il simbolo di 50 anni di occupazione sovietica dell’Estonia, hanno dimostrato quanto i confini dell’identità nazionale estone siano ancora oggi, a distanza di 25 anni dall’indipendenza, una questione aperta e irrisolta.

Identità ancora fragili, che si trovano oggi a confrontarsi con tutte le contraddizioni della globalizzazione, analizzate dagli artisti da punti di vista privati e politici, sociali e antropologici, geografici e simbolici. Una geografia a tratti imprecisa e fluttuante, che privilegia linguaggi espressivi di matrice narrativa e realista come fotografia e video, ma con interessanti sconfinamenti nella dimensione tridimensionale di scultura e installazione, mantenendo una consapevolezza legata a uno stare al mondo di natura riflessiva e analitica, solitaria e introspettiva, impegnata e rigorosa, ironica e incisiva. Se lo sguardo di Pilvi Takala è un close up sui rapporti e le gerarchie di potere espressi da codici e comportamenti sociali rimessi costantemente in discussione dall’artista, per Mark Raidpere la solitudine si trasforma in una lente di ingrandimento esistenziale per affrontare i traumi del quotidiano, amplificati da una sensibilità che si fa scudo di un’omosessualità conquistata come identità forte e dichiarata, che permette poi all’artista di rivolgersi all’evoluzione di una società in bilico tra accettazione e rivolta, memoria e presente, che caratterizza la storia vissuta dall’Estonia negli ultimi due decenni. La stessa ambiguità che conduce artiste estoni come Tanja Muravskaja a interrogarsi sul perché simboli nazionali come le bandiere possano essere travisati e riutilizzati per dare vita alla loro degenerazione in chiave assolutista, o ad elaborare percorsi di segregazione volontaria per mantenere in una condizione di totale isolamento le proprie strutture identitarie, come viene registrato in maniera lucida e analitica da Eva Sepping. Liisa Lounila esplora i comportamenti dei giovani durante i riti collettivi legati a pratiche di clubbing, mentre Jani Ruscica mette in luce le componenti autoriflessive e intime del fenomeno del cocooning, il ripiegarsi sulla propria sfera individuale tipica delle società nordiche, che trovano nella ieraticità dei ritratti psicologici di Nelli Palomäki una modalità molto efficace di auto rappresentazione. Le immagini di Aino Kannisto si possono situare nel solco della scuola di Helsinki: scatti che colgono espressioni e gesti di giovani donne in ambienti familiari e domestici, che nascondono tensioni e sofferenze compresse da comportamenti controllati e asettici.

L’identità femminile intesa nella sua condizione pubblica e privata ma sempre in relazione alla sfera sociale e quindi politica appare al centro della ricerca di diverse artiste estoni presenti in Shifting Identities, come strumento di riappropriazione di status professionali negate o soppresse nel periodo sovietico. Come puntualizza la curatrice Rael Artel, “L’identità nazionale può essere costruita solamente come un prodotto di un’ideologia nazionalista. Ogni nazione rappresenta la vittoria di una specifica forma di nazionalismo in un territorio specifico, ed è di importanza vitale per una nazione il riaffermare l’ideologia nazionalista e l’identità”. Forse l’artista estone più vicina alla registrazione dei conflitti legati alla lotta per la salvaguardia dell’identità nazionale è Kristina Norman, che si interroga sulla memoria storica dei popoli documentando episodi legati a processi di rimozione collettiva. Più intima e personale appare invece la ricerca di Eva Labotkin, incentrata sull’analisi dei comportamenti femminili in contesti antropologicamente significativi: un’analisi intima che si trasforma in uno status politico con la sua partecipazione al collettivo di sei artisti 10x10 meters, che indagano la condizione dei lavoratori estoni in Finlandia. I video di Liina Siib riflettono sulle dinamiche dei modelli sociali alternativi e marginali mettendone in luce le criticità, mentre Flo Kasearu si interroga sulla condizione degli estoni in esilio, attraverso l’alienazione di una ragazza estone che vive negli Stati Uniti e posta su Youtube deliranti frammenti di vita quotidiana.

Mutatis mutandis, lo slittamento tra lingua, nazionalità e costumi è protagonista dell’opera di Adel Abidin, artista di origine irachena ma residente in Finlandia, che rappresenta nelle sue opere video situazioni paradossali, legate agli slittamenti semantici prodotti dal crossover di identità culturalmente distanti che si trovano a condividere lo stesso territorio geografico. Se Riikka Kuoppala si rivolge invece alla ricostruzione di episodi storici o contemporanei attraverso materiali di provenienza diversa per sviluppare narrazioni in bilico tra realtà e finzione, per Mikko Kuorinki l’identità va riconquistata ogni giorno partendo dalle necessità del proprio corpo, in una continua ridefinizione delle relazioni tra l’essere umano e la realtà che lo circonda attraverso meccanismi di introspezione psicologica, che Reio Aare capovolge invece verso l’esterno, attraverso opere fotografiche severe e rigorose, che colgono frammenti di situazioni malinconiche e spesso dolorose, anestetizzate da uno sguardo lucido e distante. Paul Kuimet analizza l’uniformità delle tipologie dell’abitare nelle aree residenziali periferiche delle città estoni, per stabilire analogie possibili tra moduli architettonici e abitanti. Caratteristico dell’arte finlandese delle ultime generazioni è il rapporto armonioso con il paesaggio e la natura, intesa quasi come un possibile rifugio per recuperare il proprio equilibrio personale. Antti Laitinen può essere considerato quasi un erede diretto degli Harvesters, nei suoi tentativi di vivere una condizione solitaria e primigenia immerso nella natura finlandese. Pia Sirén ne ricostruisce i modelli attraverso installazioni dove il paesaggio è ridotto ad un espediente scenografico, mentre Anna Rokka ne estrapola elementi e materiali per costruire rifugi e capanne effimere, ideali rifugi per i nuovi nomadi del mondo globale: gli artisti."



Opera nella foto: Jani Ruscica, Evolutions