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Miraggi, impulsi, addii nel concerto per violino di Salonen – Milano, Teatro alla Scala, 28 aprile, ore 20.00

Celebrato come grande direttore d'orchestra, Esa-Pekka Salonen ha avuto da sempre la vocazione del compositore: «Non ho mai avuto l'intenzione di diventare direttore d'orchestra, sinceramente. Ho studiato un po' di direzione per poter dirigere le mie composizioni, o alcuni lavori dei miei colleghi. Ma in realtà ho sempre voluto essere un compositore. Consideravo anche i direttori d'orchestra come una specie odiosa […]».  Dopo i primi, giovanili lavori in stile neoclassico, fu irretito dalle idee della scuola di Darmstadt, prima che Rautavaara gli istillasse l'idea di libertà nel comporre. Ma fondamentali per la sua formazione musicale furono due viaggi in Italia: a Siena dove studiò con Franco Donatoni, nell'estate del 1979, e l'anno dopo a Milano, dove fu allievo di Niccolò Castiglioni. Poi accadde l'imprevisto: nel 1983 fu chiamato a dirigere la Terza di Mahler, con la Philharmonia Orchestra: il successo fu tale che Salonen si trovò catapultato nello star system del podio.


Così il tempo da dedicare alla composizione si ridusse drasticamente, almeno per tredici anni, fino a quanto, nel 1996 decise di tornare alla sua attività prediletta, con L.A. Variations, un omaggio al dinamismo e al multiculturalismo della città di Los Angeles, dove si era trasferito ormai stabilmente. Da allora ha continuato a comporre, incrementando un catalogo nel quale compaiono molti concerti solistici, emblematici del suo gusto per il virtuosismo strumentale: «Il virtuosismo è qualcosa che mi affascina infinitamente. La genesi di tutte le mie composizioni è stata sempre legata a delle persone precise, molto spesso a degli amici musicisti». Nel 2009 ha dedicato un Concerto per violino per Leila Josefowicz, la violinista americana (nata in Canada) che lo interpreterà anche domani alla Scala.


Si tratta un grande concerto in quattro movimenti, con tutti i crismi per entrare nel repertorio violinistico contemporaneo, già vincitore del Grawemeyer award per la composizione, già eseguito a Londra, Berlino, Boston, San Francisco, e Los Angeles. Il primo movimento (Mirage) si apre con grande assolo del solista, come una corsa a perdifiato, punteggiata da accordi dalle risonanze metalliche, che poi si espandono in ampie plaghe armoniche. Salonen tiene nettamente distinto il piano del solista da quello dell'orchestra, non li fonde, cerca anzi il contrasto di disegni e di colori. Il secondo movimento (Pulse I) è breve, scarno, dal carattere dolente, mentre il terzo (Pulse II) è frenetico, grottesco, come uno scherzo dai toni guerreschi, basato su un fitto dialogo tra solista e orchestra, su un massiccio uso delle percussioni, su stacchi un po' jazzy degli ottoni, su un motorismo che richiama John Adams. A sorpresa il concerto si cocnlude con un finale (Adieu) lento e ipnotico: una pagina pervasa di lirismo (che richiama Berg), con il solista che si muove rapsodicamente su uno sfondo armonico e timbrico simile a quello del primo movimento, ma in una dimensione priva di tensione, più sospesa, solo con un grande climax che precede l'epilogo rarefatto.


Sul podio della Filarmonica della Scala ci sarà lo stesso Salonen, che dirigerà anche Una notte sul Monte Calvo di Musorgskij e il Sacre di Stravinskij.