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Il Kalevala letto dai poeti, un’opera a più voci.

Oggi, 28 febbraio, ricorre il Kalevalan päivä, giorno del Kalevala e della Cultura in Finlandia.

Pubblichiamo quindi la traduzione dei primi 102 versi del quarantunesimo Runo del Kalevala e un contributo di Antonio Parente ideatore di un progetto imponente e originale che vede - e vedrà - coinvolti diversi poeti italiani.



Buona lettura!




di Antonio Parente



L'idea del progetto Il Kalevala letto dai poeti nasce dalla necessità, a mio avviso, di sottrarre il cosidetto poema epico nazionale finlandese ai circoli di lettori universitari, filologici o di appassionati del Nord, e di provare ad inserire quest'opera in un contesto più propriamente poetico, promuovendo così un dialogo tra due piani poetici distinti.

Il miglior modo per farlo mi è sembrato quello di coinvolgere dei poeti italiani che potessero lavorare sia ad una loro versione dell'epica kalevaliana (partendo dal materiale che preparavo) sia, cosa forse ancor più essenziale, ad un commento di lettura dei vari canti. L'elemento di discussione più ricorrente della mia collaborazione con i poeti italiani è stato di sicuro la necessità o meno di mantenere il metro originale, tenendo presente la diversa struttura delle lingue finlandese e italiana, l'uso storico dei vari metri come anche il fatto che la scelta del verso originale era dovuto anche alla sua funzione di aiuto mnemonico per i cantori. Da questo punto di vista, devo ammettere che queste discussioni (che magari un giorno sarebbe interessante pubblicare per meglio comprendere il perché di certe scelte - si passa dalla possibile resa in ottonari ad una parte più teorica, ad esempio alla discussione delle teorie di Armstrong sull'influenza del ritmo sul nostro modo di comprendere e "sentire" un testo poetico) mi hanno portato a leggere il Kalevala con occhi diversi, arrivando anche a punte di audacia che non sarei stato mai capace di raggiungere da solo. Il risultato finale (per quel che posso dire ad opera ancora in corso) dovrebbe essere, naturalmente, un'opera variamente eterogenea a più voci, capace magari di invitare maggiormente alla lettura.



Il progetto è stato presentato ufficialmente nella serata dedicata alla poesia finlandese nell'ambito dei Mondiali di sci in Val di Fiemme (24 febbraio 2013) e dovrebbe essere completato entro il 2018.



La traduzione dei versi 1-102 del canto 41 del Kalevala è ad opera di Gabriele Codifava e Antonio Parente



Runo quarantunesimo (versi 1-102)



Väinämöinen, sazio d'anni,

il custode del bel canto

sciolte all'aria le sue dita,

netta i pollici veloce,

siede al sasso della gioia,

si sistema sulla rocca,

sulla china più argentata

sulla gran cima dorata -



e raccolto lo strumento

se l'aggiusta tra i ginocchi,

schiocca i diti ed esordisce:

“Voi, venite ed ascoltate

vi richiama la kantèle

al tripudio delle rune

chiama chi non le ha più intese”.

Sulla kàntele di luccio,

sulla forma delle lische

volan agili le dita,

ed il pollice già mite

del gran vate Väinämöinen,

che s'appresta a declamare.



E la gioia monta in gioia,

il tripudio nel tripudio,

sale sempre più il bel canto,

freme l'aria di letizia,

quando pizzica quell'arpa,

lische e ossa di un gran luccio,

fa vibrare i folti crini,

i forti crini di stallone.



Suona saggio Väinämöinen,

in quel bosco ogni creatura,

che è capace di zampare

sempre in grado di sgroppare,

s'avvicina, e la stupisce

la gioiosa meraviglia.



Gli scoiattoli dai rami

saltan sopra altri rami,

l'ermellino a lui si volse

accucciato alle sterpaglie,

e le alci giù in brughiera,

e le linci, a giubilare.



Desto il lupo dagli stagni,

l’orso già nella brughiera

dal giaciglio tra i suoi pini,

dal rifugio degli abeti.

A gran giri giunse il lupo;

l’orso errando per la tundra

fino a dove si fa arbusti,

s’apre a forza una radura

scerpa i rami sulla roccia.

Un gran balzo su di un pecco

gira in tondo intorno a un pino,

della musica a stupirsi,

della gioia, la meraviglia.



Il vegliardo di Tapiola,

il Signore di Metsola

e di Tapio ogni creatura,

giovanotti e ragazzine,

s'appressarono alla rocca,

della musica a gioire.

La Signora di quel bosco,

e la sposa di Tapiola,

calze glauche lei portava,

con i nastri s'adornava,

s’avvicina alla ceppaia,

su di un alno lì caduto

su di un alno lei s’allunga,

e alla kàntele gioisce.



Non rimasero più in volo,

gli uccellini a cinguettare:

tutti a stormi, turbinando

ed a frotte accorrendo

all’udire quel bel canto,

musicale meraviglia.



Pure l’aquila in dimora

ode Suomi, la sua grazia,

lascia i piccoli nel nido,

rituffandosi poi in volo

agli accordi di letizia

del gran vate Väinämöinen.



Alta l’aquila nell'aria,

dalle nubi piomba il falco,

sal dal basso la moretta,

dallo stagno il cigno bianco;

e i fringuelli, piccolini,

i passerotti, cinguettando,

di zivòli a centinaia,

e le allodole a più frotte,

deliziati in breve volo

gli ricadon sulle spalle,

a quel vate dell'incanto,

di quel dono musicale.



Alle figlie di Natura

quella kàntele dà gioia,

una siede sulla nube,

una sull'arcobaleno,

sporta sull'arioso bordo;

sono colme di stupore

quelle vergini del cielo.