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Le mamme italiane le più vecchie d’Europa

Le italiane? Sono le mamme più 'mature' d'Europa. Nel nostro Paese circa il 35% delle nascite ha per protagoniste partorienti over 35. Un dato che svetta in Europa. Dietro di noi vengono le spagnole (29,5%) e le irlandesi (27,9%). Polonia (11,8), Slovacchia (12,6) e Romania (10,9) sono quelle con la percentuale minore di madri in questa fascia d'età.



E' quanto emerge dal secondo rapporto europeo sulla salute materno-infantile Euro-Peristat che prende in esame mortalità infantile, gravidanze plurime, parti cesarei, fecondazione assistita, età delle madri al parto. I risultati mostrano un'Italia in linea con i principali Paesi d'Europa Occidentale, con qualche eccezione.



Rispetto al 2004, si registra una positiva riduzione dei bimbi nati morti (da 3,7 a 2,4 per 1000 a partire dalle 28 settimane di età gestazionale), della mortalità neonatale (da 2,8 a 2,5 per 1000 nati vivi) e di quella infantile (da 4 a 3,4 per 1000). Il rapporto conferma inoltre un dato ben noto: l'elevato tasso di parti cesarei (38%) che però, a differenza di quanto avvenuto nella maggior parte degli altri Paesi, in Italia è rimasto pressoché invariato.



Il dato più eclatante è certamente quello legato all'età delle partorienti. Le nascite da madri over 35 anni variano dal 10,9% in Romania a 34,7% in Italia. Invece, quelle prima dei 20 anni sono in generale sotto il 2% (1,4% in Italia), ma ci sono Paesi dove si supera il 5% (Regno Unito, Malta, Slovacchia e Romania).



"Un'età materna più avanzata - spiega Marina Cuttini, dell'Unità di Epidemiologia, Direzione sanitaria dell'ospedale Bambino Gesù di Roma, che ha curato il rapporto per la parte italiana, in collaborazione con ministero della Salute e Istat - è infatti associata a un maggior rischio di gravidanze più complesse (ad esempio, parti gemellari o diabete gestazionale) e di esiti perinatali sfavorevoli: parto pretermine, basso peso alla nascita, anomalie congenite, anomalie cromosomiche, parto cesareo, natimortalità e mortalità perinatale. Parliamo ovviamente di rischio in termini statistici, riscontrabile sui grandi numeri, che aumenta al crescere dell'età materna. A livello singolo ci sono ovviamente un sacco di madri di 37-40 anni con bambini splendidi". Secondo l'esperta, "il dato dell'aumento dell'età materna al parto puo' inoltre essere la spia di un crescente disagio sociale: insicurezza economica, difficoltà a trovare un lavoro stabile, una casa, mancanza di strutture pubbliche che aiutino le coppie".



Per quanto riguarda la mortalità neonatale, vale a dire il numero dei decessi nei primi 28 giorni di vita, il rapporto mostra questo quadro: si va da 1,2 per 1000 nati vivi registrato in Islanda, a 1,5 in Svezia e Finlandia, a 4,5 a Malta, e 5,5 in Romania. L'Italia fa registrare un 2,5 per 1000 nati vivi. Questi invece i dati sulla mortalità infantile, ossia il numero dei decessi nel primo anno di vita: varia da 2,3 per 1000 nati vivi in Islanda e Finlandia a 5,5 a Malta, 5,7 in Lettonia, e 9,8 in Romania. L'Italia fa registrare un 3,4 per 1000 nati vivi. L'indagine prende in esame anche i prematuri. Questi i risultati: 5,3% in Islanda, 5,4% in Lituania, 5,7% in Estonia e Irlanda, fino a 8,4% in Austria e Germania, 8,9% in Ungheria e 10,4% a Cipro. In Italia siamo al 7,4%.



Il tasso di gravidanze plurime (gemellari o più) varia da 9-13 gravidanze plurime per 1000 donne in Romania, Lettonia, Lituania e Polonia a oltre 20 per 1000 nella regione di Bruxelles, Repubblica Ceca, Danimarca, Cipro, Spagna e Malta (Italia 15,7 per 1000). Fattori come età materna avanzata e il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita possono in parte spiegare questa variabilità.



Questi invece i dati sui parti cesarei: la frequenza varia da meno del 20% di tutti i parti in Olanda, Slovenia, Finlandia Svezia, Islanda e Norvegia, a 36,3% in Portogallo, 36,9% in Romania, 38,0% in Italia e 52,2% a Cipro. E ancora. In alcuni Paesi, fino al 5-6% delle nascite si verifica dopo applicazione di qualche forma di Procreazione medicalmente assistita (Pma) (1,9% in Italia). E' possibile però - si legge nel rapporto - che i dati siano sottostimati, in quanto l'uso delle tecniche meno invasive puo' sfuggire alla registrazione.



FONTE ADNKRONOS