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Il rimedio è l’amore: i due incontri con Aino Suhola visti da Viviana Scarinci

 


di Viviana Scarinci 



Aino Suhola è poeta e giornalista finlandese, parlamentare per due legislature. Nel 1991 pubblica in Finlandia Rakasta minut vahvaksi, ristampato quattordici volte. In Italia Amami per rendermi forte, tradotto da Hanna Suni e nato da una sua idea, è stato lanciato un anno fa da L’Iguana editrice e, in occasione della seconda ristampa, sabato 18 e domenica 19 scorsi Suhola è stata la protagonista di due appuntamenti ideati dal Fondo Librario di Poesia Contemporanea di Morlupo in collaborazione con la Società Italiana delle Letterate.




Entrambi gli incontri, uno alla Casa Internazionale delle Donne di Roma e uno presso Palazzetto Borghese a Morlupo, sono stati moderati da Alessandra Pigliaru e si sono avvalsi della traduzione simultanea di Delfina Sessa.


L’incontro di sabato si è aperto con i saluti di Riikka Eela, Ministro Consigliere dell’Ambasciata di Finlandia a Roma e di Giuliana Misserville, presidente della Società Italiana delle Letterate.




L’intento era mettere in rilievo la natura composita dell’operato culturale di Aino Suhola, una pratica poetica e filosofica del tutto necessaria: il primo appuntamento, Restituire l’impossibile, è stato incentrato sulle modalità politiche che hanno reso possibile l’esperienza editoriale e declinata al femminile di Amami per rendermi forte, mentre il secondo, Stropicci e brandelli, è consistito in un attraversamento del libro dal punto di vista poetico e dell’impegno civile.
Una parte dell’operato di certa poesia esercita un’azione confinante con quello di certa filosofia anche nella pratica quotidiana. La poesia può ancora parlare alle lettrici e ai lettori di quanto vedono accadere nell’immediato, cioè nell’imminenza di quel primo acchito che tutte e tutti sanno, in cui le circostanze non appartengono a qualcosa di noto perché non le abbiamo ancora elaborate, e non possono momentaneamente rimandarci a qualcosa d’altro, che forse intuiremo solo di lì a poco. La poesia di Aino Suhola pare proprio collocarsi in quell’istantanea, cioè in una zona limbica ma contigua che segna un limite e un contatto tra poesia e filosofia senza porre le due in una dialettica che si possa organizzare per logica.




Il tema delle poesie di Suhola resta attualissimo «E’ confortante o forse triste» dice Aino «che le uniche cose che sono cambiate in ventitré anni, ossia dalla data della prima pubblicazione del mio libro, siano il Marco finlandese diventato Euro e il formato del primo telefonino, che era allora enorme e si portava in una valigetta». L’intenzione della poeta, quindi oggi come allora, appare in un primo momento evidente: una critica circostanziata e minuziosa alla risultante peggiore del capitalismo. Non solo quella genericamente intesa come sociale in termini di problematica, ma anche una risultante più sottile, e non per questo meno pericolosa, che fatica a trovare nella lingua i termini che la raccontino per quello che è, ossia come una sorta di disagio epocale che non colpisce soltanto i protagonisti conclamati di problematiche come quelle legate alle dipendenze o relative alla disoccupazione, all’indigenza, all’isolamento sociale, al bullismo. Suhola risolve questa mancanza di parole inventando uno schema espressivo in cui i versi sostenuti da inserti di prosa, inseriscono l’indicibilità in situazioni di difficoltà più che note, rendendole emotivamente agibili, legittimando un disagio e un dolore, uno sperdimento e una paura, dati sempre da una causa esterna, da un mal funzionamento totemico in cui siamo tutti in qualche modo impigliati e la cui responsabilità negativa nella vita di ciascuno, in questo modo può essere meglio indagata. «La storia di questo libro in Finlandia» sottolinea Aino Suhola rispondendo a una delle domande poste dalla moderatrice «è andata di pari passo con le idee che hanno mosso questo progetto perché l’umanità è la stessa, qualsiasi cosa noi facciamo, in qualunque luogo noi ci troviamo».




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