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Da Haiti a Roma, passando per Helsinki. La prima mostra italiana di Sasha Huber |Roma, fino al 13.1

 



È la prima volta che Sasha Huber presenta il suo lavoro in Italia, grazie alla curatrice Stella Bottai che da anni visita il suo studio a Helsinki e segue gli sviluppi della sua ricerca espressiva. Come afferma la curatrice “Non è stato facile avere Sasha Huber a Roma, perché sempre in viaggio per residenze o esposizioni internazionali”.




Nello stesso periodo della mostra presso LaStellina ArteContemporanea di Roma l’artista infatti espone al Grand Palais di Parigi e alla Galleria Korjaamo di Helsinki. Ricordiamo poi che quest’anno ha anche partecipato alla Biennale di Sidney.




Seppur residente a Helsinki, l’artista ha origini svizzero-haitiane e proprio le sue radici multietniche l’hanno portata ad approfondire il tema dell’identità culturale attraverso l’emigrazione e la diaspora, il razzismo e il colonialismo. Nella galleria romana è possibile vedere l’installazione fotografica I love JaNY del 2010 insieme ad un video strettamente correlato che racconta e ricostruisce il ritratto di Jany Tomba, zia dell’artista, che negli anni Sessanta scappò da Haiti a causa della dittatura per rifugiarsi a New York. La metropoli statunitense portò successo alla giovane haitiana diventando in breve tempo una famosa top model fuori dagli standard di bellezza occidentali. Nel video Jany narra tali differenze culturali e di come sia riuscita a conviverci superandole. La modella diventò infatti l’icona delle black women americane e non.


L’opera fotografica è formata da un collage delle varie copertine di riviste femminili che ritraggono il suo volto insieme ad alcune fotografie personali. L’aspetto piacevole ed estetico di questo montaggio fotografico, cosi come del video, ci conduce in un secondo momento alla lettura più intima e profonda del messaggio trasmessoci da Sasha Huber, ovvero al fenomeno dello sradicamento culturale e della conseguente ricerca di un altro territorio che alcune persone hanno dovuto subire. New York, dove la zia della Huber ha trovato la sua seconda casa, simboleggia bene questo fenomeno di “melting pot”. Leggere la scritta “American girl” sotto il ritratto fotografico di Jany sulla copertina di una rivista femminile americana è infatti il segno dell’avvenuta integrazione e del rispetto delle diversità, contro l’idea dell’inferiorità della razza nera, che la Huber ha perseguito anche in altri lavori (Rentyhorn, 2008 e Louis who?, 2010).


Come ha scritto la curatrice, “Sasha Huber è un’amazzone nel panorama dell’arte contemporanea”, che con le sue opere e le sue performances “provoca la Storia per mettere in discussione ciò che essa ci ha tramandato, ciò che crediamo di sapere”.




Lorella Scacco




LaStellinaArteContemporanea
Via Braccio da Montone 93 Roma
orari: lunedì – venerdì dalle 17,30 alle 19,30 e su appuntamento
La mostra ha il patrocinio dell'Ambasciata di Finlandia.




Photo: Gianvito Ricciardi